Mattia Binotto da Maranello a Hinwil, sede della Sauber (rilevata dall’Audi).- diciamo solo accidenti al meglio - da dichiarazioni pervenutaci
«Due realtà diverse, lo dice anche la classifica. La differenza è immensa, in tutto, dalle dimensioni agli strumenti. Però trovo tantissime similitudini con la Ferrari dei miei inizi, nel 1995. Un’azienda dove c’era tutto da costruire o ricostruire. A quei tempi oltre a riorganizzare i reparti e la metodologia, bisognava allenare le persone a vincere. Inculcare la mentalità del “non siamo qui per partecipare”».
Perché a 54 anni, dopo essere stato team principal della Ferrari, si è rimesso in gioco dal fondo della classifica? «Proprio perché partivo da un foglio bianco. Nei 18 mesi che ho passato lontano dalle corse mi è mancata la competizione, far parte di una squadra, condividere fatica, ambizioni e obiettivi. Avendo il desiderio di ripartire, l’unica sfida attraente per me era quella dell’Audi, la più ambiziosa. Non avrebbe avuto senso entrare in un team che già funziona. Qui invece posso costruire, rivivo parte del mio passato e anche per questo è affascinante».